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L’agenda digitale sopravviverà alle elezioni?

di Sara Adami

 

nativiAbbiamo votato, abbiamo vinto, abbiamo perso, abbiamo anche pareggiato, come in tutte le elezioni. Prima e durante la campagna elettorale i leader politici hanno puntato molto sul ruolo del digitale nel prossimo governo e hanno parlato dei loro programmi elettorali innovativi, probabilmente spinti dai forti cambiamenti proposti dal Governo uscente negli ultimi mesi (l’Agenda digitale con attenzione verso Start Up, Scuola Digitale, Banda Larga, …). Ma ora che i vincitori e i vinti sono decisi, ora che i risultati sembrano essere difficili ma scritti, la politica manterrà l’impegno di occuparsi del decreto sviluppo?

Vediamo cosa dicevano i partiti prima del voto. Al Popolo della Libertà la proposta di legge comprendeva un fondo destinato al venture capital, ossia l’apporto di un capitale di rischio per il finanziamento di una startup: rilanciare le imprese innovative significa rilanciare l’economia del paese. Per il PdL i punti fondamentali erano l’amministrazione digitale, e quindi l’importanza di rafforzare i rapporti tra enti pubblici informatizzandoli, la diffusione della banda larga e la riforma digitale della scuola. Anche Monti aveva parlato con Scelta Civica di una Cassa deputata alla causa pro Startup, e il responsabile Francesco Sacco concentrava l’attenzione sugli incentivi, le attività di collaborazione e promozione e sulla maggiore predisposizione verso gli imprenditori stranieri che scelgono di seguire progetti tecnologici. Importante l’atteggiamento di Scelta Civica verso la sicurezza informatica, unico partito che propone l’implementazione del piano di protezione.

Per Favia di Rivoluzione Civile il primo passo da fare sarebbe stato quello di sfruttare i canali televisivi pubblici per promuovere la rete, il suo funzionamento e le opportunità che il web porta con sè. Gli investimenti maggiori del partito di Ingroia, però, sarebbero a favore della digitalizzazione delle scuole perchè “in assenza di una formazione adeguata vengono meno anche altre opportunità, come il commercio elettronico“. Su questo tema anche il Partito Democratico era concorde: secondo il Pd la nostra economia scarseggia fortemente nel settore estero, per questo il decreto dovrebbe occuparsene. Allineati anche sulla questione istruzione, con una volontà di investimento di 100 milioni di euro all’anno per informatizzare la scuola, con educazione tecnologica, formazione del personale e wi-fi negli Istituti. Al Pd si era presa in esame anche la vecchia proposta del Governo Monti sulle infrastrutture telematiche, con l’Istituzione del Catasto del sottosuolo. Al Movimento 5 Stelle di Grillo, partito che deve molto al web sia come nascita che come crescita, ci si interrogava molto sulle infrastrutture telematiche (rete gratuita ai cittadini), sulla diffusione scolastica del web (abolizione dei libri stampati e adozione dei formati digitali) e sull’adeguamento delle tariffe di connessione.

Sul tema delle startup, invece, quasi tutti gli schieramenti si concentrano sulle verifiche alle autocertificazioni e alcuni espongono idee brillanti: bonus a favore delle attività innovative (proposta del Partito Democratico), vantaggi fiscali per gli under 35 e una Cassa Depositi e Prestiti (finanziamenti consigliati dal PdL), acquisizioni da parte delle grandi imprese (lo suggerisce Scelta Civica).

Insomma, tutti i partiti hanno parlato di minore burocrazia come base del rilancio, più libertà e incentivi all’innovazione: le normative sulla Privacy, le regolamentazioni sul diritto d’autore e sugli open data vanno riviste, i media sono cambiati e il loro controllo va modificato. Tutto molto chiaro, a parole. A fatti se la caveranno altrettanto bene?!

Source Image : NicolaGreco

 

Articolo originale al link: Lab13

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