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Democrazia elettronica: sogno o realtà?

di Sara Adami 

Si è parlato di “esperimento” quando in maggio in Puglia si è svolto un processo elettorale liquido a base di voto elettronico: se n’è discusso poco sui media, a mio parere, ma i comuni di Melpignano e Martignano hanno dato un grande contributo al diritto di voto in Europa. Niente più matita, cartoncino, scheda da ripiegare in centosette mosse e voto immortalato con lo smartphone all’interno della cabina. Come funziona?

L’urna elettronica è un macchinario che costa 2 mila dollari, è nato in Messico e ha una durata che va dai 10 ai 15 anni: l’elettore va al seggio con la carta d’identità, vota tramite un touch screen (anche scheda bianca) e stampa una ricevuta che viene conservata all’interno della macchina. Brogli? Contestazioni? Semplice, il presidente del seggio è tenuto a rompere i sigilli e effettuare il controllo delle preferenze. Tutto regolare? L’urna scrutina e invia il risultato tramite un Sistema Pubblico di Connettività che costa 1.800 euro ogni anno e che gestisce i dati comunali senza utilizzare la Rete (in Puglia il 90 per cento dei Comuni utilizzano già questa modalità di comunicazione, in Italia il 10).

In pratica parliamo di 2-3 mila euro di investimento ogni mille votanti, con un consumo di 2 euro in carta per la ricevuta. E parliamo anche di voto libero e segreto, come non sarebbe garantito se utilizzassimo Internet. In sud America queste urne sono già una realtà, per questo il responsabile del progetto pugliese Marco Mancarella vuole estendere il voto elettronico alla realtà UE per il 2014 utilizzando il Sistema Pubblico di cui vi ho raccontato sopra. Attacchi informatici? Non se ne sono mai registrati (è attiva dal 2005) perciò può essere dichiarata sicura.

L’esperimento del 2006 venne colpito da diverse polemiche per la modalità di invio dei dati (venivano raccolti su chiavette) e Beppe Grillo si schierò in prima linea contro la novità. L’acqua è passata sotto i ponti e ora proprio l’ex comico sta per lanciare il Parlamento Elettronico, ossia una piattaforma online con cui interagire non solo nelle fasi di voto durante le elezioni ma anche in altre attività democratiche. Una prova della forza della Rete o del gruppo al Parlamento? Ce lo dirà il tempo. Nel frattempo ai cittadini interessa capire se questa modalità aiuterà a sfidare le sorti dell’astensionismo, se potranno partecipare attivamente durante la stesura delle leggi, se il sogno diventerà realtà.

Il Parlamento Elettronico è stato sviluppato in codice LiquidFeedback, è stato testato a lungo e al momento sta per essere utilizzato dagli iscritti laziali del Movimento 5 Stelle dal 10 luglio, data di rilascio della versione beta. Come verrà accolto il progetto dai cittadini? Una democrazia migliore grazie alla scelta partecipata è un bel sogno o una realtà percorribile?

 

Articolo originale al link: Magellano

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