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Manchi.

di Sara Adami

Conosco una persona che da bambino fingeva di essere mutilato.
Inventava di aver perso un arto o due, si fissava di averli avuti per avvertirne l’assenza, per sentirne la mancanza. Una notte me l’ha raccontato come ci si racconta di infanzia e politica dopo che è calato il sole: l’ho trovato un pensiero geniale, brillante nella sua insensatezza, ma non gliel’ho detto.

Da lì ho cominciato a riflettere sulle mancanze. Succede che nella vita tutto ciò di cui percepiamo l’assenza è stato nostro, in qualche modo. Come un orecchino smarrito, un amore inciampato, i resti di un fiore avvizzito.

Se non ci è mai appartenuto, invece, è possibile che la società ci abbia insegnato che avremmo dovuto averlo. Come un padre che ti abbandona da piccolo, un progetto che si frantuma.
Non ci manca mai qualcosa che ci appartiene profondamente. Non mi manca la mia auto sgangherata, non mi manca il mio migliore amico, non mi mancano i sogni, neppure quelli infranti.

Non ci manca mai qualcosa che non ci ha sfiorato. Non mi manca mai il sole dell’Africa, non mi manca il cappello di lana che non avevo l’anno scorso, non mi manca bere vino rosso assieme a te, non l’abbiamo mai fatto.
Bizzarramente le cose che ci mancano di più, invece, sono quelle che ci hanno accarezzato solo per qualche giorno, quelle di cui ci sembra avere ancora le mani impregnate, quelle di cui ci si sente vuoti ancor prima di esserne colmi.

(“…quello che non ho è quel che non mi manca, quello che non ho sono le tue parole, per guadagnarmi il cielo per conquistarmi il sole…” F. De Andrè)

6 Comments

  1. anonimo

    20 Dicembre 2010 at 09:55

    Mi manca così, come dici tu:
    -monica, avevamo quattoridici anni, le ho tenuto la testa sulle gambe da londra a eastbourne, mi stava antipatica eppure le ho accarezzato i capelli tutto il viaggio. Dopo ho capito. Ma era sfumato l'attimo;
    –il bar Stella, a S. Vito, con il trespolo dei boeri sul banco e, in fondo al locale, la panca di legno. Io ho sette-otto anni, mio nonno beve bicchieri di rosso e parla di politica con i suoi amici, il Mino, un vedrano dagli occhi perennemente acquosi, Cansianut, un omino piccolo e agitatissimo, e il Prete, il parroco del paese, identico a “il Cardinale” di Manzù. Io sto vicino a loro e li ascolto. E, per la prima volta, sento di essere parte di un mondo più grande di me, di un mondo nel quale risuonano ancora i silenzi dei partigiani ed i boati dei bombardamenti. Sto diventando grande, la storia mi sta spalancando le sue porte di quercia;
    -una giovane sconosciuta incontrata a una fiera, vent'anni fa. Una cicatrice le andava dal margine della bocca fino quasi all'orecchio. Ho visto poche volte una donna bella così;
    -il bar del campeggio, a Ravascletto. Ho dodici anni, è inverno, e sto raggiungendo un gruppo di ragazzini che ho conosciuto sulle piste. Tra loro, c’è una ragazzina bionda che mi piace. Sto camminando nel freddo e fantasticando sul mio incontro con la ragazzina. Immagino che mi sorriderà, che ci diremo ciao, che cominceremo a chiacchierare insieme. Immagino che poi usciremo fuori e rimarremo a lungo in silenzio guardando la neve. Immagino che ci riconosceremo come due animali sul bordo della foresta, che il suo fiato si mescolerà con il mio, come un vento in un altro vento. Ma, quando entro, la ragazzina bionda sta flirtando con un marcantonio dagli occhi azzurri e non mi degna nemmeno di uno sguardo. Poi ci saranno altre ragazzine, ragazze, donne, di molte non ricordo più il volto o il nome, cercate, abbandonate, sedotte, nella speranza vana di ritrovare quella ragazzina e quel bar perduti nell’inarrestabile svanire del tempo.

    (L)

  2. anonimo

    21 Dicembre 2010 at 16:45

    grazie per il tuo racconto privato, L.
    (L. come iLnatalequandoarrivaarriva?!)

    search sloggata

  3. laislabonita

    21 Dicembre 2010 at 17:27

    Sai quando si piange? Quando si conosce il bene e non lo si può avere! Ma Filumena Marturano non conosce il bene…. e quando si conosce solo il male non si piange. La soddisfazione di piangere, Filomena Maturana non l'ha potuta mai avere!

  4. anonimo

    23 Dicembre 2010 at 10:08

    Il Natale che arriva fa pensare al bianco, anche se non è mai bianco. Si vede che ho voglia di bianco. Se ne hai anche tu ne regalo un po':
    -le prime scene de “Il dolce domani”, con lo scuolabus che percorre lentamente le strade innevate del New Hampshire;
    -le meringhe con la panna che mi regalava da bambino mia zia, esagerate nella loro dolcezza, opulente nella loro frugale eleganza;
    -certi particolari dell’architettura di katsuyuki fujimoto (http://www.fk-ao.com), talmente essenziali, a volte, da eliminare ogni parola, ogni respiro;
    -il dixan, la ricetta contro ogni peccato, un filo bianco sempre uguale a se stesso in ogni tempo della vita;
    -la luce d’estate quand’ero bambino, e in sottofondo le canzoni di Mina;
    -il Minnesota coperto di neve in Fargo;
    -i confetti ricevuti al termine dei matrimoni, mai compresi, mai gustati, gettati dopo anni nell’immondizia;
    -i confetti che mi regalava da piccolo la vicina del piano di sopra, sporgendosi su di me e mostrandomi una scollatura che mi inghiottiva;
    -il grande gelo del 1608 ritratto da Sally Potter in “Orlando”, una raffinatezza visiva come poche altre al cinema;
    -le adidas da basket disegnate da Watanabe;
    -gli interni dell’astronave Discovery in “2001 Odissea nello spazio”
    -“un coras mas blanco”, come racconta Marias.
    Palla a te, se vuoi.

    (L)

  5. a67941

    5 Gennaio 2011 at 00:16

    Ciao buona notte, sono passato nel tuo blog e lò trovato interessante ,Mi piacerebbe se tu vuoi scambiare degli argomenti con te , un saluto Riz.
     

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