di Sara Adami
In quel film, che domani avrò già dimenticato, c’è un attore secondario, o anche meno, che contrae una malattia: il suo viso diventa un’autostrada di dolore, rettilineo ma scomposto, familiare come l’ingiustizia.
Ti ricordi quella volta in cui mi hai pianto addosso? E’ arrivato questo inutile attore su un megaschermo di provincia e all’improvviso eri lì che singhiozzavi sulla poltroncina accanto alla mia, come se il tempo non si fosse mai inciampato.
“Ho visto i tuoi occhi cadermi dentro e ti ho accolto come fosse l’ultima volta, la prima di mille.” Avevo usato queste parole, per descrivere quel momento, indelicati graffi neri su carta ruvida, ricordi?
Abbiamo pianto ancora, poi, per disperdere gocce di assurdità.
Ho continuato a pensarci per un’ora e un giorno, a ricordare quando era novembre e c’era la neve, quando era dicembre e c’era la luna da toccare, quando era gennaio e c’erano i detriti incomprensibili. Da lì in avanti abbiamo conquistato la pianura, l’equilibrio disonesto, la stabilità perfetta tra sguardi, bugie e verità che nessuno saprà mai. Solo noi, che assieme siamo malattia e medicina.
Ho continuato a pensarci per un giorno e un mese, a immaginare quando sarà novembre e gli scatoloni che non sai, quando sarà dicembre e la paura che non vorrai.
Quando sarà gennaio, e cosa ne sarà, di quella ciliegia che mi hai messo nel cuore.
anonimo
A un post povero di commenti
una poesia povera di accenti.
E' vero, c'ho l'iphone
ma non ho te.
C'ho pure l'imac
ma non ho te.
Il Toro è primo in classifica
sì, ma non ho te.
Non sono malato,
ho la macchina nuova,
c'ho Sky HD
ma non ho te.
Ho deciso.
Mi vesto e vado al supermercato
e, visto che ci sono,
compro pure il caffe.
E non mi chiedere perche.
papoff
â
kovalski
e poi ad aprile, e i ciliegi in fiore
🙂
anonimo
ciliegia,
ciliegia,
ciliegia…