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Rimettetevi gli zaini

di Sara Adami

Non ricordo come incontravo la tua mano sull’autobus, come scrivevo a ripetizione quel nome accanto alle formule di chimica, come infilavo la mia vita nella tua, mantenendo un equilibrio adolescenziale. E muoversi malamente sul cuore dell’altro per poi chiedere scusa, morire e poi rinascere ad ogni dolore, chiamarti ‘amore’ una volta ogni tre parole, sbagliare il trucco e le intenzioni.
Non me lo ricordo, com’era, essere innamorati con indosso lo zaino.
Doveva essere rassicurante, questo imparare a relazionarsi, questa giustificata ignoranza, questo poetico tentennare. Doveva essere miracoloso questo credere religiosamente che ogni ‘per sempre’ sarebbe stato eterno più di quanto il mondo aveva mai sperimentato.

Ricordo solo che a un certo punto siamo diventati tutti capaci, tutti cresciuti. Tutti maestri di vita nel sapere che, in un rapporto, quando una persona dice questo significa questo, e poi ha queste conseguenze, questi risvolti, questo percorso. Tutti adatti a dare validi consigli mai richiesti, tutti pieni di schemi disegnati sui palmi delle mani, per sapere come fare, come agire, come comprendere l’incomprensibile unicità delle azioni.

A un certo punto abbiamo cominciato a difenderci dall’oscurità della condivisione senza riserve, a temere l’instabilità del concedersi, a tollerare meglio la sicurezza delle nostre barriere.
A un certo punto abbiamo smesso di allungarci i maglioni sulle mani, e poi abbiamo cominciato ad accorciare la nostra capacità d’amare senza condizioni.

5 Comments

  1. anonimo

    18 Gennaio 2011 at 16:48

    Non sai cosa darei per tornare indietro..o cosa darei per non andare avanti.. quando tutto è cosi' difficile senza zaino.

  2. anonimo

    20 Gennaio 2011 at 09:26

    Concordo con l'anonimo qui sopra… a me mancano un sacco i pomeriggi in omaggio…
    Still Searching?

  3. sciroccata

    23 Gennaio 2011 at 17:06

    forse, in modo diverso, possiamo ancora amare senza condizioni.

  4. anonimo

    27 Gennaio 2011 at 09:27

    Che dire. Le tue sono sempre parole da guardare non da leggere. Come Il viaggiatore nella nebbia di Caspar David Friedrich o la Tempesta del Giorgione. Da guardare non da capire. E attraverso lo sguardo accarezzare l'autore come per fargli sentire la tua vicinanza. Buona vita. Sempre.

  5. searching

    7 Marzo 2011 at 15:49

    anonimo1 e 2 : non sapete cosa darei per vedere i vostri commenti firmati 😉

    sciroccata : se lo dici tu, dopo questi ultimi mesi, allora chi sono io per non crederci.

    nonanonimo : sempre.

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