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Aaron Swartz, un ragazzo che amava Internet, come noi

di Sara Adami

 

controcorrenteIl Web sa amarti, proteggerti, ma anche odiarti, distruggerti. In rete nascono grandi amori, grandi amicizie, grandi sentimenti e collaborazioni che poi la vita coltiva, il mondo virtuale vede nascere e quello reale crescere. Ma chi sa regalare tanto amore lo sa anche togliere, e lo ha imparato a sue spese Aaron Swartz, il paladino del libero accesso alle informazioni online che si è suicidato a 26 anni in seguito a una depressione legata al bullismo governativo, alle tattiche intimidatorie e persecutorie di un meccanismo più grande di lui. Padre del Creative Commons, cosviluppatore del Real Simple Syndacation (Rss), fondatore di Reddit, Swartz era un giovane talentuoso che si batteva per creare una rivoluzione nel mondo del copyright. In un mondo in cui si lotta per difendere e far prevalere i propri diritti, questo ventiseienne credeva nella libertà di espressione, perciò voleva che il copyright fosse riformato e con lui la democrazia stessa della rete.

Un giovane come tanti di noi, un uomo di tecnologia, un talento e una passione che metteva a disposizione del suo progetto, senza badare troppo al tornaconto, focalizzato sul rendere Internet un posto più equo e semplice. E poi cosa è successo? Chi ha spezzato i suoi sogni? La fine comincia nel 2007, la polizia anti-hacker se lo lascia scappare dopo che Swartz aveva pubblicato i documenti segreti del database Pacer della corte Federale americana: comincia la lotta alla pirateria informatica, un bullismo che lo vede protagonista anche nel 2010, quando scarica gli articoli accademici della Biblioteca digitale Jstor. Scoperto e arrestato per frode (pagò 100 mila dollari per uscire di prigione), restituisce il materiale ma chiede di essere dichiarato pulito dal Mit (Massachusetts Institute of Technology): per lui i capi di accusa aumentano, la sua posizione si aggrava, le sue ambizioni vacillano.

Le indagini, il processo, mesi e mesi per ricrearsi un’identità, per giurare al mondo di non essere un criminale, per scappare dalle grinfie dell’ingiustizia, da chi lo condannava con capi di imputazione che gli avrebbero portato fino a 35 anni di reclusione. Il seme della depressione deve aver trovato terreno fertile, Swartz ha smesso di essere Swartz ed è diventato Aaron, il ragazzo nato a Chicago e con la barba incolta, innamorato di internet e della libertà, forse fragile e impaurito.

C’è differenza tra chi fa il cracker e gestisce la merce rubata, tra i terroristi dell’11 settembre, c’è differenza tra queste persone e Aaron Swartz, ma la legge, i funzionari, i procuratori, chi doveva occuparsene non ha saputo vederla. Il Mit ora dice di dover riflettere sulle proprie azioni, il suo Presidente chiede un’inchiesta interna per capire cosa è successo, chi ha sbagliato e quando. Servirà a salvare altri giovani talentuosi? Non servirà a ridare forza a Aaron.

Il web intanto si è mobilitato, prima ha pianto e poi ha cominciato a condividere articoli, ebook, studi, tesi e informazioni protette da copyright: su Twitter è nato l’hashtag #PdfTribute, tutti i ricercatori si sono mobilitati per una causa che deve far riflettere chi tutti i giorni interagisce nelle piattaforme virtuali, chi ci ha trovato un lavoro, l’amore, il cane da adottare. Tra tutte segnaliamo un’iniziativa italiana, quella che Andrea Stoppa e il Tor Project hanno lanciato chiedendo di compilare un form per condividere il proprio lavoro. Anche l’Università di Bologna, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, anche il Dipartimento di Comunicazione dell’Università Carlo Bo di Urbino, tutti si stanno mobilitando perchè il ricordo di Aaron vada oltre il giorno del suo funerale, perchè i sogni di un ragazzo di talento vadano oltre i confini del suo corpo.

 

Articolo originale al link: Lab13

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