di Sara Adami
Quella volta avevo i tuoi anni e il sangue malato, come diceva mamma. Diceva che l’avevo preso dalla nonna, perchè, a parte i ricordi e la poltrona rossa, sua madre non aveva tanto altro da dare.
Più di tutto ricordo la meticolosità. La temperatura da segnare la mattina e la sera e sotto la lingua e i tamponi e le prove sul braccio e l’emo il venerdì e la febbre, la febbre, sempre.
Lei mi accompagnava alle visite con malcelato fastidio. Io la guardavo e non capivo, ora so che non eravamo ancora pronte per perdonarci. Per quasi tre anni abbiamo vissuto in una malata estraneità durante un’estranea malattia. Poi ne ho avuto abbastanza.
Sono sempre stata paziente, nella vita, come quando avevo sette anni e non me li sono giocati, come quando nessuno vedeva e io non mostravo, come quando ne avevo diciotto e mi sono detta che ero già stata più forte di tutto, lo sarei stata anche quella volta.
Avevo ventun anni quando il sangue mi si è aggiustato.
Ne sono passati dieci, dieci anni senza febbre, senza malattie, senza influenza, come fossi ancora contaminata, come fossi ancora diversa. Ora, dopo dieci anni, mi ammalo ogni quarto d’ora. Ora, dopo dieci anni, prendo il termometro, guardo la febbre e sorrido. Bentornata, febbre, bentornata.
anonimo
urco, passavo di qui per vedere se tieni botta su splinder …. mi sa di sì, ma il post un po' mi fa venire i brividi …
7di9
L'universo è una malattia. La febbre, il segno che tutto va bene.