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Epic fail: sbagliare ai tempi di internet

di Sara Adami

Una volta succedeva che facevi una figuraccia e chi era lì magari rideva o si imbarazzava ma poi tornavi a casa e la figuraccia veniva sciacquata via dal tempo. Ho una notizia da darti: se ti capita adesso, invece, la tua figuraccia sarà ricordata da tutti, riportata nei libri, studiata come cosa da non fare mai e poi mai. Internet, l’unico luogo in cui tutto dura davvero per sempre. E se hai fatto una cosa che non avresti dovuto fare e sei un un brand? Ahia.

L’epic fail è diventato un modo di dire, una gaffes da cogliere e sfruttare per fare marketing, una pessima figura da raccontare agli amici. Su internet lo spazio di manovra per lo sbaglio è pari allo zero anche di fronte a scuse pubbliche e giustificazioni. Lo sa bene Guido Barilla, unico imputato del processo #BoicottaBarilla. La storia la conoscete tutti: il signor Barilla rilascia una dichiarazione discutibile sul tema degli omosessuali e la rete esplode. A quel punto, come ogni miglior epic fail insegna, le due reazioni del pubblico si scatenano: i concorrenti intelligenti sfruttano lo scivolone e si affrettano a dichiarare di amare i gay più dei gattini, i clienti rilanciano dicendo che d’ora in poi mangeranno sassi piuttosto che pasta Barilla. L’effetto delle scuse pubbliche, poi, è spesso controproducente, soprattutto quando a parlare è il leader e non l’ufficio marketing.

La verità è che per un brand è ancora estremamente difficile comunicare tramite la rete: bisogna essere coinvolgenti, aperti alle diversità e sempre disposti a un dialogo costruttivo.  Ce lo dimostra la vicenda dell’azienda Patrizia Pepe, che nel 2011 sparò a zero rispondendo ai commenti su Facebook e venne additata per la totale mancanza di savoir faire. Se non rispondere al pubblico significa fare un brutto autogoal, attaccarlo è anche peggio e, come la rete ama ricordare, il popolo di internet non perdona. Pensate alla vicenda Enel – #Guerrieri: nata come una semplice campagna basata sulle tecniche di storytelling, in pochissimo tempo l’hashtag si è rivoltato contro il suo genitore dimostrando di non aver accolto il favore degli utenti.

Come avrebbero potuto salvarsi Guido Barilla e tutti gli altri? Come ovviare agli imprevisti quando ci si confronta con il pubblico sui social network? Forse un hangout pubblico su Google Plus avrebbe aiutato, forse. Io, che sulla rete ho trovato l’amore, il lavoro e molti amici, sono convinta che di fronte al dibattito aperto con il brand, le critiche potrebbero diminuire. Perchè è possibile che le aziende non sappiano ancora come gestire que­sti stru­menti, ma l’unico modo per farsi amare dal grande fra­tello è raccontarsi. Non come hanno scelto di fare a Bank of America: questa estate la società è stata trollata da un gruppo di persone che ha scoperto che le risposte date sui social erano inviate da un bot e non dal servizio clienti.

Il fair play è una dote che manca a molti brand e a molti utenti: dev’essere per questo che Facebook ha introdotto la nuova funzionalità che permette di modificare i testi pubblicati sia sui profili personali che sulle fan page. No more epic fail? Io non ci credo, perchè finchè c’è screenshot c’è speranza.

Source image: NowMedia

 

Articolo originale al link: Magellano

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