di Sara Adami
La politica italiana è in una fase di blocco, l’economia non se la passa alla grande, il mondo del lavoro è piuttosto malato e anche io mi sento poco bene (cit. Woody Allen). Ma il business e la voglia di crescita sono ancora un’accoppiata vincente e anche nel nostro Paese possiamo toccarne i risultati: investimenti e idee sono la forza di cui abbiamo bisogno per sperare ancora, energia in movimento che spacca le montagne e unisce l’Italia.
Le iniziative legate alle startup nascono e prolificano permettendo la crescita di un sistema di comunione, di relazioni che si intrecciano creando un tessuto sociale fatto di imprenditoria dinamica. Un vero e proprio ecosistema dell’industria dell’innovazione che si sviluppa in tutto lo stivale: i dati del Registro delle Imprese parlano di più di 450 startup nate negli ultimi due anni, con Torino come centro pulsante delle iniziative di startup al nord, Roma al centro e la Sicilia al sud, che prova a tenere il passo. E’ stato il Decreto Crescita 2.0 a definire le linee di queste nuove realtà, piccole società di capitali in cui i soci sono lavoratori e che hanno l’obiettivo di offrire servizi o prodotti innovativi ad alto valore tecnologico.
Dai dati generali presentati da InfoCamere appare evidente il distacco tra nord e sud (addirittura in Molise ancora zero registrazioni) e si comprende il motivo per cui questo accade: dove le istituzioni pubbliche comunicano meglio con le strutture private ecco che le startup germogliano, dove i grandi gruppi industriali investono nell’innovazione ecco che i progetti si moltiplicano (è il caso del Veneto). Le scelte strategiche aziendali non sono sufficienti per dare la giusta spinta al sud, dove sono ancora i sistemi universitari a spingere l’innovazione.
Ma l’Italia prova a farsi sentire anche in Europa e infatti sono 5 le startup nostrane entrate di diritto nell’annuale Red Herring Europe Top 100, la lista che dal 1996 premia le migliori aziende innovative. Una di queste è la torinese Wi-Next, che è anche stata invitata alla Top 100 americana: i suoi venti dipendenti realizzano soluzioni wireless personalizzate dal 2007, un perfetto esempio di progetto pro web 3.0 a favore dell’Internet delle cose. Sempre a Torino ha sede Zerogrey, la società di gestione outsourcing di negozi online conto terzi che ha sede internazionale a Dublino, mentre in provincia di Milano troviamo D-Orbit, giovane realtà di Sesto fiorentino che si occupa di studiare la rimozione dei satelliti morenti dalle orbite, spazzini spaziali. A Roma le ultime due in lista, RTR Rete, il maggiore produttore nazionale di energia green data da fotovoltaico, e Wi-Tech, con la sua decennale esperienza nel campo della tecnologia cloud.
E’ proprio Roma la sede di una delle iniziative maggiori dell’ultimo periodo in tema di startup, un’idea di Enlabs che è stata appena inaugurata al secondo piano della stazione Termini: 1.500 metri quadri per la sede di questo incubatore dedicato alle aziende innovative della capitale, open space, eventi e iniziative riunite in un luogo fisico, un ottimo modo per unire domanda e offerta e concedere ai passanti un rifugio, un vero e proprio luogo di incontro (anche per i curiosi). E adesso alzi la mano chi ha ancora il coraggio di dire che in Italia sappiamo fare solo la pizza e i latin lover.
Souce Image: TurnBackToGod
Articolo originale al link: Lab13