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Mamma

La mia fa sempre il soffritto. Affetta la cipolla con il coltello sbagliato sul mio vecchio tagliere, non le importa di quelli in ceramica, non le è importa se quel pezzo di legno è vecchio. Era mio.

Tra noi c’è sempre stato uno di quei grandi amori fragili, quelli che se sbagli troppo ti ferisci, quelli in cui inevitabilmente sbagli troppo. 

La forza di questo delicato fil rouge non si può vedere, abbiamo così poche foto assieme. Smarrite nei traslochi e nelle vite che ci siamo strappate via di dosso scappando, lasciate in momenti che non vorremo vivere mai più. Anche se non ci sono le immagini restano i ricordi: io butto gli oggetti e memorizzo tutto, lei tiene ogni cosa e seleziona i ricordi.

Poche volte siamo state sulla stessa linea come lo siamo diventate ore. Per questo la prima volta che c’è stata distanza tra noi non ho capito, pretendevo. Crescendo ho imparato di assomigliarle poco in tutto, tranne in questo: la distanza cura anche me, è necessaria per guardare. Respirare da sola mi ha sempre aiutato, non me l’ha mai detto ma lo ha insegnato in silenzio.

E io, che non sono stata brava a farmi insegnare, le ho permesso almeno di segnarmi con quel sorriso così grande. Quando arrivo da lei mi guarda come fossi il suo amore più grande, poi saliamo in casa, ha preparato una ricetta con il ragù, sorrido di nuovo anche io.

 

di Sara Adami

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