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Surprise Ice

di Sara Adami

 

Un babbo natale fuori stagione mi accompagna inaspettatamente in un’altra epoca.
C’è la stessa luna blu, nascosta dal campanile, lo stesso luglio invernale, l’emozione e il senso di raccoglimento che la piazza tarvisiana diffondeva anche un anno fa. Sono le melodie, a essere cambiate (nell’aria e nel cammino).
Loro, i Re, sembrano usciti da un video marchiato anni ottanta, con gli occhiali da nerd e i jeans arancioni sbiaditi. Se li incontrassi per strada vedresti due trentacinquenni quasi trasandati, con i capelli un po’ troppo lunghi ma il viso pulito.
Imbracciano le loro chitarre, il cielo si fa scuro e la piazza si colora di soffici note: da anni questi due ragazzoni sembrano essere un infallibile balsamo per il mio animo, una mielosa fonte di calma. L’intimità della location riscalda le poche centinaia di persone che hanno abbandonato il tepore cittadino preferendo il gelo montano: persino i due norvegesi si lamentano del freddo stringendosi nelle loro giacche, ma lo fanno ridendo di noi, con noi.
L’entusiasmo del violinista ci scalda, l’allegria di Erlend ci contagia, la pacatezza di Eirik ci tranquillizza, l’armonia delle loro voci placa ogni lontana desolazione, in una delicata danza di polpastrelli e vibrazioni.
Il resto ha il sapore di un tramonto perfetto.
Il resto è “come il ghiaccio, a sorpresa, all’alba”.

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