di Sara Adami
Penso a Wall-e, un robotino fatto di circuiti e emozioni. All’Uomo Bicentenario di Robin Williams, un prototipo con fattezze umane e un’animo delicato. Erano soltanto dei film, certo, ma mi hanno fatto pensare: e se le macchine e gli oggetti diventassero intelligenti? La fantascienza ci ha regalato spunti di riflessione sulla sensibilità di questi protagonisti, ma poi sono arrivati gli smart-phones, le smart-city, la smart-tv, gli smart-ies (ok, i dolci al cioccolato non sono intelligenti ma fanno buonumore), tutto così smart-intelligente che mi sono sentita piccola (non scema).
La rivoluzione digitale ha reso gli oggetti geniali ai nostri occhi perchè ne ha svelato le possibilità: si connettono alla rete globale, dialogano tra loro, rendono la nostra vita più facile, migliore. Occhiali, orologi, frigoriferi, presto gli oggetti faranno ciò di cui abbiamo bisogno senza che sia necessario chiederlo, forse presto impareranno da soli. Lo dicono alla Darpa, il Dipartimento della Difesa che in America effettua ricerche in ambito tecnologico: nei prossimi quattro anni, infatti, studieranno l’apprendimento automatico dei computer per implementare lo sviluppo delle machine learning. Cosa significa? Che l’intelligenza artificiale studia per diventare più simile a quella umana, impara per evolvere il suo processo e rendenderlo non solo un linguaggio di programmazione, ma una vera innovazione produttiva.
A dimostrazione di quanto si sta facendo da questo punto di vista, c’è anche Shalosh Ekhad: è arrivato nel mondo della matematica e ha stupito tutti, risolve e dimostra teoremi o formule con una rapidità indimenticabile, e questo perchè è un computer. L’aumento costante di complessità nelle analisi aritmetiche ha portato il matematico Zeilberger a costruire una macchina che ha un’anima sottoforma di software (lo studioso sostiene di averlo fatto per velocizzare i processi di sviluppo in questo campo, rallentati finora perchè “Le persone sono convinte che un giorno i computer taglieranno gli esseri umani fuori dal business della matematica“). La questione è delicata: i computer e le macchine saranno in grado di diventare controllori di loro stessi? Supereranno la posizione che avevamo loro imposto e che noi stessi stiamo implementando? Il frigorifero si accontenterà di rilevare la mancanza dei prodotti e ordinarli o vincerà sulla mia intelligenza e acquisterà solo cibi sani? Speriamo che l’evoluzione salvi il salame.
L’intelligenza degli oggetti è stato il punto centrale anche al Mobile World Congress, dove si è parlato di connettività diffusa delle piattaforme open source: l’iperconnettività deriva dall’interazione dei chipset, l’internet delle cose è mossa dall’intelligenza di questi sensori, non dall’aumento delle loro prestazioni tecnologiche. I chip invadono le nostre abitudine e entro la fine di quest’anno 50 miliardi di oggetti saranno connessi alla Rete. Ne diventeranno i protagonisti o saremo noi a restare al comando?
Al momento siamo uno a zero per noi: i super computer del Nasdaq hanno fatto un bel caos sulle quotazioni di Facebook e ora l’azienda dovrà rimborsare gli investitori. Fossero stati così intelligenti non sarebbe successo, no?! O forse questa che crediamo essere la realtà è soltanto una simulazione delle stesse macchine, forse hanno già vinto loro, forse questo è un gioco e noi viviamo in un cyberspazio inconsapevole, un grande Matrix. Pillola rossa o pillola blu?
Articolo originale al link: Lab13